Più volte tra di noi abbiamo discusso l’opportunità di suonare gratis. In teoria, non si fa: c’è il rispetto per la musica, per il concetto di arte, per i musicisti, il fatto che qualcuno comunque ci guadagni, il non volersi sminuire e mille altre buone ragioni.
Ma ogni occasione sembra farci trovare deroghe, e anche in questo caso la motivazione si trova: io stesso appoggiai questo concerto perché organizzato da amici, con ottime motivazioni, e perché si teneva sotto casa mia: con queste nobilissime motivazioni ci trovammo in una piccola piazzetta dei vicoli genovesi, di solito adibita a parcheggio.
La sera era calda, umida, il service non è esattamente da stadio, con suoni incerti e qualche problema tecnico, e la cena di livello ospedaliero, piatti di plastica e pasta scotta compresi.
Suonammo comunque benino ed attirammo l’attenzione di una coppia di quarantenni eleganti, che a fine concerto si palesò. Si trattava di mecenati parigini, che ci proposero un tour per locali e teatri oltralpe, con promozione a tappeto e possibilità di carriera invidiabili.
Nella settimana che seguì questo fortunatissimo incontro spedimmo loro una trentina di dischi a scopo promozionale e cominciammo a pensare ad una nuova vita, in cui la nostra professione potesse essere “fare musica”.
Dopo circa sei mesi di silenzio, capimmo che la nuova vita avrebbe tardato, anche per questa volta.